Shelter from The Storm

Quando una persona ti accompagna per quasi tutta la vita, spesso illuminandola come se all’improvviso il velo che avevi davanti agli occhi fosse scomparso; proprio quando non hai certezze nemmeno su quale sia il tuo nome figurarsi sul tuo futuro, beh ad un certo punto ci si inizia a prendere una certa confidenza.

Forse troppa.

Si creano aspettative, si tende anche involontariamente a giudicarne le scelte.

La mia fede non è mai venuta meno, sia chiaro, ma alcune scelte estetiche, stilistiche e artistiche mi hanno lasciata perplessa, quasi frustrata perché non riuscivo più a riconoscerla e incredibilmente, stupidamente, ero terrorizzata dall’idea di questo tour. Ripeto la parola stupidamente perché la nostra storia insieme avrebbe dovuto rassicurarmi, la fiducia se l’è ampiamente guadagnata. Ma si sa, a volte vorremmo che le persone che amiamo crescessero secondo le nostre preferenze, come vorremmo noi, magari come faremmo noi.

Temevo tutto: look, featuring, setlist. Una completa imbecille.

Sapete io e lei abbiamo una storia lunghissima, lunga almeno quanto le amicizie più forti, che parte dal 1998. Di quella prima volta ho scritto spesso, è talmente importante ed è la volta di cui percepisco ancora le emozioni secondo per secondo. Non era un tour, erano pochi minuti concentrati. Era follia, erano urla lacrime gioia. Il primo vero tour fu invece nel 2001, il Drowned World Tour. Tour che per me ha cambiato tutto perché da li in poi il confronto con qualsiasi altro spettacolo è stato semplicemente impossibile.

Ci sono stati tanti tour da allora e alcuni di questi mi hanno regalato le più belle esperienze e avventure della mia vita, incontri che mi hanno cambiato l’esistenza, posti che non avrei mai visitato, perché ogni tour era ed è una scusa per rivedersi, per viaggiare e creare ricordi.

Going straight to the point, avendo visto tutti i tour dal 2001 in avanti non posso dire che questo: il Celebration Tour di cui tanto avevo paura, è il migliore di tutti.

Come ha detto il mio amico Nicola non è perfetto come il Confessions (né lei è perfetta come nel Confessions), ma forse per questo motivo è migliore.

Potremmo parlare del livello tecnico dello show, che resta inarrivabile per quasi tutti. Potremmo parlare dell’utilizzo degli schermi, delle luci, dello stesso palco. Sono fattori che senz’altro influiscono ma non sono loro a renderlo il suo spettacolo più bello di sempre: credo che a farlo sia la continuità.

È un musical, è il biopic su cui da tanto sta lavorando. Ci vuole prendere per mano per raccontarci la Sua storia e per farlo affida il ruolo di Virgilio a Bob che inizia ricordandoci per cosa dobbiamo ringraziarla, che cosa ci ha insegnato (e no, non è lì solo a scaldare l’atmosfera, la sua presenza in questo concerto è fondamentale anche se temo che a molti sia sfuggito).

Ho letto diversi commenti che giudicano l’opening di questo tour “anticlimactic” e sono in assoluto disaccordo. Nothing Really Matters è l’opening che nessuno si sarebbe mai aspettato e mette subito le cose in chiaro: TUTTO QUELLO CHE VI DO MI TORNA INDIETRO. NON SARÒ MAI LA STESSA SENZA DI VOI. Lo ripete 3 volte, che sia ben chiaro, questo show racconta la sua, la nostra storia. Strappa il cuore e mi basta questo, non c’è bisogno di fuochi d’artificio per definire un opening ben riuscito.

La parte anni 80 è semplicemente strepitosa e regala una Open Your Heart di cui non sapevo di aver così dannatamente bisogno, oltre che a regalare il momento più bello e meritato a Daniele Sibilli.

Difficilmente si vedrà ancora in un concerto pop qualcosa di livello così alto come la transizione da Holiday a Live to Tell: la fine del party, la musica che rallenta e la gigantesca ombra di quel mostro in quel momento sconosciuto, l’AIDS, che si fa pesante, schiacciante. Vediamo la morte, e lei che timidamente vi assiste non potendo far niente se non offrire il suo conforto come ha raccontato lei stessa nel discorso del 1 dicembre.

La morte. Un aspetto che non aveva mai trattato nei suoi tour come se fosse parte del racconto e che qui è ben presente. Live to tell inizia e sugli schermi appaiono i volti delle persone che abbiamo perso a causa dell’AIDS. Famosi, certo, ma anche persone comuni le cui storie sono raccontate quotidianamente dalla pagina Instagram The AIDS Memorial. L’esibizione è potente, devastante, sicuramente uno dei picchi della sua carriera. La morte torna in modo ancora più vivido quando ci ricorda di come pochi mesi fa avremmo potuto perderla. Canta I will Survive con la chitarra, lentamente, perché quel che conta è il messaggio: sono sopravvissuta e ho ancora tanto da dare, tanto amore da dare.

L’amore è un altro tema presente in tutto lo show: nei nostri confronti, da Nothing Really Matters in cui è più plateale fino alla scelta di alcuni pezzi sicuramente “secondari” per un ascoltatore casuale ma non per un fan (devo ancora darmi dei pizzicotti per realizzare che il trittico Erotica-Rain-Bad Girl non è stato solo un sogno). L’amore per i figli, presenti ovunque sia sul palco che fuori, presenti nei discorsi, nelle performance, negli sguardi. Alcuni scambi di sguardi tra lei e David e Mercy sono tra le cose che più mi sono rimaste impresse dal vivo purché ne ho percepito orgoglio e affetto spropositati da entrambe le parti. L’amore per sua madre, l’amore per la vita, l’amore per se stessi e per il proprio vissuto (con la se stessa più giovane presente accanto a lei in più segmenti).

Ma non è tutto sorrisi e cuori questo show, come potrebbe esserlo dovendo raccontare la sua carriera. C’è chi cerca di fermarla, chi cerca di usarla come esempio di tutto ciò che è male e lei risponde: I’m not your bitch don’t hang your shit on me. Che è un po’ il riassunto di tutta la sua carriera e una frase che va bene oggi come nel 1990, nel 1992, nel 1995 o negli anni 2000. Lei è sempre stata troppo: troppo audace, troppo spregiudicata forse, troppo esplicita, sicuramente troppo coraggiosa per una società puritana, terrorizzata dal sesso, dal corpo femminile e dal potere della conoscenza.

Non ha mai avuto paura e questo è uno degli insegnamenti fondamentali che ci ha sempre trasmesso: non importa quali siano le conseguenze non abbiate paura di essere ciò che siete. E lei paura non ne ha per niente, non ha paura del suo corpo che è cambiato ma lo mostra forse di più di quanto non abbia fatto negli ultimi 3 tour. Non ha paura di fare entrare le persone dall’altra parte dello specchio che è il suo Instagram. La vediamo senza filtro alcuno, bella, bellissima, sensuale come non mai.

Questo è forse l’insegnamento più grande che porto via da questi concerti: amare se stessi. Amarsi di più, apprezzare la vita, perché siamo fortunati ad essere ancora qui e per alcuni di noi è un vero miracolo.

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