Untitled _ 1

kids-fishing

 

 

Come tutte le mattine David si alzò ancora mezzo addormentato dopo aver spento la sveglia di Nemo ormai ammaccata e pallida, ultimo regalo dei tempi in cui lui era IL BAMBINO e per i grandi la cosa più importante del mondo era vederlo sorridere, quando lui era il centro del loro universo e il loro amore riempiva le sue giornate.

Non era più così da molto, molto tempo, cioè da quel giorno in cui all’improvviso tutti i grandi smisero di parlare tutti insieme, come se un interruttore fosse stato spostato su OFF.

Si aggiravano spenti per le città non più in grado di fare altro che non fosse il lavoro per cui erano pagati, incapaci di provare emozioni, raccontarle. Non erano morti, si limitavano a nutrirsi per sopravvivere e a lavorare per inerzia. Dimenticarono l’amore e i bambini quel giorno e da allora David come tutti gli altri dovette dimenticare la vita che conosceva e iniziarne una nuova.

I grandi erano già in piedi da un pezzo quando David sistemava lo sgabello accanto al frigorifero per prendere il latte e accanto al fornello per scaldarlo, ma facevano colazione, si vestivano e uscivano senza vederlo.

Ormai ci aveva fatto l’abitudine e se i primi giorni aveva pianto per ore intere ora accettava di buon grado questo nuovo mondo in cui gli unici umani con una coscienza erano quelli al di sotto dei 15 anni. Per lui era stato facile, non aveva fratelli o sorelle di cui occuparsi e confrontando le storie dei suoi compagni di scuola con la sua si riteneva spesso fortunato.

C’era Johnny il Rosso ad esempio (così soprannominato, ovviamente, perchè aveva i capelli più rossi che si fossero mai visti sulla terra, più vicini al rossetto di una bella signora che non al color carota più comune) che doveva procurarsi in modi più o meno leciti il cibo per lui e due fratellini più piccoli, lavarli ed evitare che si facessero male, cosa che a quanto pare tentavano disperatamente di fare non appena girava lo sguardo.

David non aveva di questi impegni e insieme ad alcuni degli altri compagni più risoluti aveva indetto una riunione nel salone principale della scuola dopo la prima settimana di black out.

“Dobbiamo fare qualcosa, perchè questa situazione potrebbe durare mesi, anni, potrebbe non cambiare mai. E noi non sappiamo niente né abbiamo qualcuno che ci aiuti ad impararlo quindi dipende solo da noi”.

I bambini più piccoli e timidi seduti abbracciati alle proprio ginocchia lo ignorarono e continuarono a piangere e a chiedere della mamma, ma si levarono voci concordi sempre più forti in suo favore così proseguì.

“I più forti di noi si occuperanno di trovare i soldi e il cibo per tutti, ma ci servono dei volontari per scoprire cosa dovremmo imparare e per procurarsi quello che serve per farlo. Abbiamo internet qui a scuola e a casa quindi non dovrebbe essere un problema. Anche per occuparsi dei fratelli più piccoli serviranno dei turni, dovremmo farlo tutti perchè nessuno resti indietro.”

Si stupì di quanto aveva appena detto, proprio lui che fino a due settimane fa piangeva e sbatteva i piedi se per punizione non gli veniva consegnato il pacchetto di figurine giornaliero o se, ancora peggio, sulla tavola per cena non si trovava davanti gli unici due piatti da lui ritenuti commestibili ovvero pasta al pomodoro e hamburger e patatine. Proprio lui che in fondo non aveva che 7 anni (e mezzo, come teneva a precisare). Ci pensò e ne fu orgoglioso.

Doveva essere stato proprio convincente perchè si formarono subito delle file confuse e chiassose ed erano tutti pronti a mettere il proprio nome in una delle liste di volontari quando ad uno dei banchi sistemati appositamente nacquero i primi problemi.
Alice e Greta infatti, di 14 e 15 anni chiesero di far parte del gruppo che si sarebbe occupato di reperire cibo bevande e soprattutto (erano sempre bambini del resto) merende, ma si scontrarono con le barriere di David e degli altri ragazzi che davano per scontato che a loro, alle ragazze, non si potesse che affidare la cura dei fratelli più piccoli e della cucina. E del bucato.

“E cosa ti fa pensare che spetti solo a noi fare le baby sitter ? Se pensi che questo ci stia bene ti sbagli di grosso, e ci organizzeremo separatamente. Ti aspetti anche che cuciniamo e stiriamo i vostri vestiti?”

Beh sì, pensò Dave dentro di se, cosa fanno le ragazze se non quello? Mamma cucinava, lavava e stirava e badava a me. Voi non vi sporcate nemmeno, insomma. Non lo disse, per fortuna, perchè Alice sembrava proprio sul piede di guerra e  non era certo abituato a confrontarsi con la strana entità delle ragazze se non con dispetti e prese in giro.

“Va bene, come volete”, disse, decidendo che non era ancora pronto per la parte della sua vita che includeva farsi umiliare da ragazzine alte il doppio di lui, in fondo.