Photograph 51 è una piece di Anna Ziegler che ha come protagonista Rosalind Franklin. Chimica e esperta di cristallografia a raggi X, diede un importante se non fondamentale contributo alla scoperta della struttura del DNA.
Questo non le fu immediatamente riconosciuto in quanto in quanto i suoi appunti e le sue fotografie a raggi X (definite da John Desmond Bernal “tra le più belle fotografie a raggi x di qualsiasi sostanza mai scattate”) tra cui proprio la Foto 51, la più chiara decisiva, vennero utilizzati e pubblicati da Francis Crick e James Watson prima che lei avesse terminato gli studi. Crick e Watson ricevettero nel 62′ il Premio Nobel insieme al “traditore” Wilkins che nonostante lavorasse al King’s College con Franklin passò le sue scoperte a Crick e Watson.
Rosalind Franklin però morì diversi anni prima a causa di un tumore a soli 37 anni.
Rosalind viveva in una società maschilista e in un ambiente misogino che rendeva oltremodo coraggiosa la sua scelta di vita, come quella di tutte le donne anticonformiste dell’epoca che sono tutt’ora un’enorme fonte di aspirazione per qualsiasi donna che ambisca ad “arrivare” e a lavorare in ambienti dominati dagli uomini.
E se c’è una cosa che a Nicole Kidman non manca è proprio il coraggio. Una delle attrici più coraggiose di Hollywood, ha quasi sempre scelto copioni rischiosi e personaggi difficili, sempre con delle ombre o sofferenze più o meno nascoste. Personaggi e film che forse la tengono lontana dal grande pubblico ma che la appagano come attrice e ne svelano capacità e caratteristiche che forse i film da box office non avrebbero mai rivelato.
Entra in scena a grandi falcate e per chi come me ne è fan da sempre è come se il tempo si fermasse, viene da trattenere il fiato per non lasciare che le emozioni prevalgano.
Lì, a due metri di distanza, con la luce che la circonda sembra altissima, una statua con lineamenti perfetti e serissimi. Dopo averla vista la sera prima firmare autografi e posare per un numero indefinito di selfie biondissima e dolcissima la differenza è impressionante: non è più Nicole, ora è Rosalind.
All’inizio è difficile seguire lo spettacolo, guardo le mani, chiarissime e arrossate, come spesso mi è capitato di notare, ne studio i movimenti, lo sguardo, mi concentro sulla sua voce per non dimenticarla. Riconosco qualche espressione del viso, come se fosse una vecchia amica.
Credo che sia un’emozione difficilmente descrivibile vedere dal vivo una delle tue attrici preferite recitare a due metri di distanza da te, guardarla scoppiare a piangere davanti ai tuoi occhi, senza il tempo di cercare il mood giusto, il collirio, senza la possibilità di un secondo ciak. Vederla continuare a piangere durante la standing ovation perchè l’emozione è vera e non è così facile interromperla bruscamente per prendersi gli applausi finali.
I personaggi che la affiancano sono bravi, i dialoghi e le battute alleggeriscono il tema ma forse sarebbe stato meglio se fosse durato una mezz’ora in più di modo da approfondire alcune parti. E’ Nicole a tenere alta l’attenzione, a catturare lo spettatore e a colmare alcuni di questi vuoti.
L’emozione è grande, come grande è la certezza di avere assistito a qualcosa di raro e magico.
C’è ancora qualcosa che voglio dirle però da tanto tanto tempo, e dopo le spettacolo quando riesco a trovare posto alla transenna davanti alla Stage Door raccolgo il coraggio e incredibilmente riesco a pronunciare queste parole: “Nicole, your role in The Hours changed my life”. Ascolta, sorride, è un grande film, dice. Mi ringrazia. Grazie a te, Nicole.