Shelter from The Storm

Quando una persona ti accompagna per quasi tutta la vita, spesso illuminandola come se all’improvviso il velo che avevi davanti agli occhi fosse scomparso; proprio quando non hai certezze nemmeno su quale sia il tuo nome figurarsi sul tuo futuro, beh ad un certo punto ci si inizia a prendere una certa confidenza.

Forse troppa.

Si creano aspettative, si tende anche involontariamente a giudicarne le scelte.

La mia fede non è mai venuta meno, sia chiaro, ma alcune scelte estetiche, stilistiche e artistiche mi hanno lasciata perplessa, quasi frustrata perché non riuscivo più a riconoscerla e incredibilmente, stupidamente, ero terrorizzata dall’idea di questo tour. Ripeto la parola stupidamente perché la nostra storia insieme avrebbe dovuto rassicurarmi, la fiducia se l’è ampiamente guadagnata. Ma si sa, a volte vorremmo che le persone che amiamo crescessero secondo le nostre preferenze, come vorremmo noi, magari come faremmo noi.

Temevo tutto: look, featuring, setlist. Una completa imbecille.

Sapete io e lei abbiamo una storia lunghissima, lunga almeno quanto le amicizie più forti, che parte dal 1998. Di quella prima volta ho scritto spesso, è talmente importante ed è la volta di cui percepisco ancora le emozioni secondo per secondo. Non era un tour, erano pochi minuti concentrati. Era follia, erano urla lacrime gioia. Il primo vero tour fu invece nel 2001, il Drowned World Tour. Tour che per me ha cambiato tutto perché da li in poi il confronto con qualsiasi altro spettacolo è stato semplicemente impossibile.

Ci sono stati tanti tour da allora e alcuni di questi mi hanno regalato le più belle esperienze e avventure della mia vita, incontri che mi hanno cambiato l’esistenza, posti che non avrei mai visitato, perché ogni tour era ed è una scusa per rivedersi, per viaggiare e creare ricordi.

Going straight to the point, avendo visto tutti i tour dal 2001 in avanti non posso dire che questo: il Celebration Tour di cui tanto avevo paura, è il migliore di tutti.

Come ha detto il mio amico Nicola non è perfetto come il Confessions (né lei è perfetta come nel Confessions), ma forse per questo motivo è migliore.

Potremmo parlare del livello tecnico dello show, che resta inarrivabile per quasi tutti. Potremmo parlare dell’utilizzo degli schermi, delle luci, dello stesso palco. Sono fattori che senz’altro influiscono ma non sono loro a renderlo il suo spettacolo più bello di sempre: credo che a farlo sia la continuità.

È un musical, è il biopic su cui da tanto sta lavorando. Ci vuole prendere per mano per raccontarci la Sua storia e per farlo affida il ruolo di Virgilio a Bob che inizia ricordandoci per cosa dobbiamo ringraziarla, che cosa ci ha insegnato (e no, non è lì solo a scaldare l’atmosfera, la sua presenza in questo concerto è fondamentale anche se temo che a molti sia sfuggito).

Ho letto diversi commenti che giudicano l’opening di questo tour “anticlimactic” e sono in assoluto disaccordo. Nothing Really Matters è l’opening che nessuno si sarebbe mai aspettato e mette subito le cose in chiaro: TUTTO QUELLO CHE VI DO MI TORNA INDIETRO. NON SARÒ MAI LA STESSA SENZA DI VOI. Lo ripete 3 volte, che sia ben chiaro, questo show racconta la sua, la nostra storia. Strappa il cuore e mi basta questo, non c’è bisogno di fuochi d’artificio per definire un opening ben riuscito.

La parte anni 80 è semplicemente strepitosa e regala una Open Your Heart di cui non sapevo di aver così dannatamente bisogno, oltre che a regalare il momento più bello e meritato a Daniele Sibilli.

Difficilmente si vedrà ancora in un concerto pop qualcosa di livello così alto come la transizione da Holiday a Live to Tell: la fine del party, la musica che rallenta e la gigantesca ombra di quel mostro in quel momento sconosciuto, l’AIDS, che si fa pesante, schiacciante. Vediamo la morte, e lei che timidamente vi assiste non potendo far niente se non offrire il suo conforto come ha raccontato lei stessa nel discorso del 1 dicembre.

La morte. Un aspetto che non aveva mai trattato nei suoi tour come se fosse parte del racconto e che qui è ben presente. Live to tell inizia e sugli schermi appaiono i volti delle persone che abbiamo perso a causa dell’AIDS. Famosi, certo, ma anche persone comuni le cui storie sono raccontate quotidianamente dalla pagina Instagram The AIDS Memorial. L’esibizione è potente, devastante, sicuramente uno dei picchi della sua carriera. La morte torna in modo ancora più vivido quando ci ricorda di come pochi mesi fa avremmo potuto perderla. Canta I will Survive con la chitarra, lentamente, perché quel che conta è il messaggio: sono sopravvissuta e ho ancora tanto da dare, tanto amore da dare.

L’amore è un altro tema presente in tutto lo show: nei nostri confronti, da Nothing Really Matters in cui è più plateale fino alla scelta di alcuni pezzi sicuramente “secondari” per un ascoltatore casuale ma non per un fan (devo ancora darmi dei pizzicotti per realizzare che il trittico Erotica-Rain-Bad Girl non è stato solo un sogno). L’amore per i figli, presenti ovunque sia sul palco che fuori, presenti nei discorsi, nelle performance, negli sguardi. Alcuni scambi di sguardi tra lei e David e Mercy sono tra le cose che più mi sono rimaste impresse dal vivo purché ne ho percepito orgoglio e affetto spropositati da entrambe le parti. L’amore per sua madre, l’amore per la vita, l’amore per se stessi e per il proprio vissuto (con la se stessa più giovane presente accanto a lei in più segmenti).

Ma non è tutto sorrisi e cuori questo show, come potrebbe esserlo dovendo raccontare la sua carriera. C’è chi cerca di fermarla, chi cerca di usarla come esempio di tutto ciò che è male e lei risponde: I’m not your bitch don’t hang your shit on me. Che è un po’ il riassunto di tutta la sua carriera e una frase che va bene oggi come nel 1990, nel 1992, nel 1995 o negli anni 2000. Lei è sempre stata troppo: troppo audace, troppo spregiudicata forse, troppo esplicita, sicuramente troppo coraggiosa per una società puritana, terrorizzata dal sesso, dal corpo femminile e dal potere della conoscenza.

Non ha mai avuto paura e questo è uno degli insegnamenti fondamentali che ci ha sempre trasmesso: non importa quali siano le conseguenze non abbiate paura di essere ciò che siete. E lei paura non ne ha per niente, non ha paura del suo corpo che è cambiato ma lo mostra forse di più di quanto non abbia fatto negli ultimi 3 tour. Non ha paura di fare entrare le persone dall’altra parte dello specchio che è il suo Instagram. La vediamo senza filtro alcuno, bella, bellissima, sensuale come non mai.

Questo è forse l’insegnamento più grande che porto via da questi concerti: amare se stessi. Amarsi di più, apprezzare la vita, perché siamo fortunati ad essere ancora qui e per alcuni di noi è un vero miracolo.

MDNA Tour // Kind of a fanboy review (but I don’t give a..)

Diciamo la verità, io questo tour proprio non lo volevo vedere.

Ci sono periodi in cui la vecchia passa in secondo piano e lo Sticky con il senno di poi (leggi: passata l’euforia da prima fila) non è che mi avesse lasciato un buon ricordo.

Ero sfiduciata insomma, con l’interesse al minimo, e questo credo mi abbia aiutato nell’impresa di restare “spoiler free” fino alla mia prima data a San Siro.

Da una parte è stata un’idea geniale, emozioni fortissime mai provate durante i tour precedenti,  quando invece la scaletta la conoscevo a memoria, i costumi anche e la sorpresa era ridotta al minimo. Non ho contato le urla di stupore, gli occhi sgranati e i “non è possibile” che si sono susseguiti per quasi tutte le due ore ma allo stesso tempo, una volta uscita, non avrei mai potuto raccontare quello che avevo visto, non avrei mai saputo descrivere quella macchina perfetta che è il MDNA Tour. Mi ero concentrata principalmente su di lei e addio dettagli, addio quadri schemi e coreografie. Provvidenziale dunque si è rivelata la data di Firenze con una vista dal fondo del prato A perfetta, sgombra e incredibilmente ravvicinata trattandosi di uno stadio.

Lights out.

Campane.

Una cattedrale fa da sfondo, i cori dei monaci partono insieme all’enorme incensiera e le urla iniziano a salire verso il cielo sempre più forti in quella che sembra un’attesa infinita. Scenografia e costumi ricordano massoneria, sette, Eyes Wide Shut e medioevo tutto insieme e mentre cerchi di focalizzare anche solo una di queste cose eccola lì.

Oh my god, I’m heartily sorry for having offended thee, prega, e noi con lei. Ci sono cose strane che solo Madonna può fare e una di queste e far recitare a migliaia di atei ogni sera l’atto di dolore con le lacrime agli occhi, cose che non si vedono neanche nei pellegrinaggi a Medjugorje.

Lei si vede solo in controluce, segno della croce, mani giunte..poi un mitra. Mai così didascalica nel rendere chiara la doppia natura dell’essere umano, mai così esplicita e so che mi sto sbilanciando ma.. mai così perfetta.

I vetri della facciata della cattedrale si rompono e le urla, ogni volta, diventano insostenibili quando finalmente esce e in un secondo spazza via velo e corona restando vestita completamente di nero con i capelli biondissimi e gonfissimi che sono già destinati a rimanere nell’iconografia madonnara.

Gilrl gone wild, Revolver, Gang Bang.

Entra in scena la stanza di un motel ed è un film di Tarantino: beve whisky dalla bottiglia, sconfigge i “cattivi” che si calano dall’alto ed entrano di soppiatto nella stanza. 53 anni. Me lo sono ripetuta spesso guardandola fare acrobazie di cui sue colleghe come minimo 20 anni più giovani non sarebbero capaci neanche guidate da cavi come marionette, 53 anni. Senza dubbio per quanto mi riguarda è la performance migliore di tutto lo show.

Un pezzetto di Papa Don’t Preach (troppo poco, troppo poco!) ed è Hung Up. Madonna cammina sospesa su dei fili alternando equilibrismo a coreografia a simbolismo: I’m hanging up on you. Letteralmente.

Il quadro termina con la rabbia con cui è cominciato: I don’t give a. Esiste una canzone più “madonnica” di questa? Incazzata, 4 minuti di dito medio e.. There’s only one queen, and that’s Madonna prima del finale epico che già su disco era un momento altissimo e qui, con lei che illuminata da un faro sale in controluce su quello che sembra un altare sacrificale con una croce a fare da sfondo può solo essere definita un’opera d’arte.

Qui mi fermo con l’entusiasmo perchè per quanto io possa venerare la versione di Express Yourself che parte dopo l’interlude trovo la sezione majorette una “pausa” nel concept dell’intero show e la cosa mi lascia un pò perplessa. Certo magari cerco significati dove non ce ne sono e questa sezione è effettivamente divertimento allo stato puro ma nel viaggio tra l’oscurità e la luce che ho interpretato essere lo spirito di questo tour, la vedo come una parte estranea al resto.

Ma come dicevo la versione di Express Yourself (e il video che le fa da sfondo) fa dimenticare tutto e le perdono anche quella che inizialmente, dalle voci lette (una delle poche cose che è sfuggita alla mia rigidità antispoiler), mi sembrava una scelta arrogante e immatura ovvero mischiarla con Born This Way. Certo resto scettica sulla necessità reale per una come Madonna di dover specificare che “she’s not me” ma tant’è.

Dopo Give Me All Your Luvin’ e i ballerini a suonare i tamburi sospesi in aria, cambia look rapidamente e tocca a Turn Up The Radio.

Una delle cose che più mi piacci0no di questo tour (e che sembra inspiegabilmente sfuggita ai giornalisti) è l’aspetto musicale che a mio modo di vedere non era così curato dai tempi del Girlie Show. I mashup, remix, ma soprattutto le versioni riviste di pezzi vecchi mostrano che per quanto sia importante l’aspetto estetico e spettacolare, la musica non è di sicuro in secondo piano.

Dopo Papa Don’t Preach è la volta della reinvenzione di Open Your Heart, suonata con i Kalakan e conclusa proprio con un loro pezzo “Sagarra Jo”. Non si capisce una parola ovviamente ma l’effetto pizzica / taranta è contagioso comunque.

Momento lacrimoni. Copiosi. E’ Masterpiece. Vederla così vicina (perchè certo, dal fondo si gode appieno dell’intero spettacolo così come andrebbe visto ma niente, NIENTE è come vederla da 2 metri, perdersi davanti a quel sorriso, a quegli occhi enormi che non sono umani, aspettare che ti guardi e quando lo fa controllare alle tue spalle con un gesto istintivo se abbia fatto delle vittime a parte te, con quello sguardo. Niente.) e così intensa a Berlino mentre canta quasi singhiozzando questa canzone me l’ha fatta rivalutare e amare come poche altre. Lei di una bellezza devastante, quelle parole. Nothing’s indestructible.

Prima di perdere l’ultimo briciolo di dignità rimasto (o forse per perderlo definitivamente) arriva l’interlude Justify My Love.  Sempre in bianco e nero, è una versione 2.0 del video dal quale sono passati più di vent’anni ed è l’ennesima reinvenzione riuscita di questo tour. Lei è bella, di una bellezza diversa e pazzesca. Gioca, si nasconde, un pò ride in faccia a chi quei 53 li usa contro di lei. Ride.

Altro quadro, altra magia. Il bustino di Gaultier del 90′ è ancora qui. Ricreato, modificato, aggiornato, ma è ancora qui, proprio come lei.

Vogue.

Il corpetto va via e parte Candy Shop, poi Erotica. E qui ti fa ricredere anche sul fidanzato, che insieme sono così patatini che al massimo ti viene da dire awwwwwwwww piuttosto che “si però lui è giovane” e cazzate simili. La loro alchimia è palpabile, un’occhiatina a questo tour la dovrebbero dare tutti i maligni.

Va via anche la camicia, e qui, signori, bisogna inchinarsi senza indugio di fronte a quello che è uno dei momenti più alti di trasposizione visiva di una canzone pop. Di sempre. Like a virgin è lenta, è sofferta, è recitata, è dolorosa. Touched for the very first. Time. When your heart beats. Next. To. Mine. Piange, un ballerino l’abbraccia e le mette un corpetto che andrà a stringere, sempre più forte finchè nello stadio, nell’arena, arriva prima il silenzio e insieme ai suoi i nostri gemiti di dolore. Dolore. Sembra incredibile (per chi non la conosce) che l’abbia tirato fuori da Like a Virgin ma forse è la prima volta che spinge ad ascoltarla con un occhio diverso, maturo.

Qui già alla seconda tappa cala la tristezza, è ora dell’interlude politico presente ormai da qualche tour e quello che verrà, purtroppo, è l’ultimo quadro. Sullo schermo centrale c’è lei, il suo viso che diventa collage con se stessa, personaggi politici, etnie diverse, grafiche e disegni mentre sugli schermi laterali si consumano violenze di ogni tipo generate da odio, guerre, fame, religione..e omofobia. E’ uno degli argomenti di punta del video che ad un certo punto mostra le foto dei ragazzi americani che si sono tolti la vita a causa del bullismo omofobo. Nome, cognome, data di nascita e di morte. Al di là dei discorsi retorici, niente più di un ragazzino e una data di morte può fare per dare uno schiaffo a chi sull’argomento fa spallucce. Per tutti gli altri, quelli sensibili, resistere all’ondata di emozione mista a rabbia e alla lacrima conseguente è praticamente impossibile.. o almeno per me lo è stato.

Torna con un nuovo costume che è una specie di armatura medievale scintillante ed è la volta di I’m addicted (stupenda, ma meno potente di come me la sarei aspettata sentendola su disco)  seguita I’m a sinner che va a mischiarsi a Cyberraga (con i Kalakan di nuovo sul palco).

Per quanto mi riguarda, qui arriva la vera chiusura dello show. Like a prayer che, con il coro, torna alla sua naturale maestosità (per quanto ci si sia abituati, alla fine, alla versione dello Sticky) di migliore canzone pop mai scritta. Sarebbe stato il finale perfetto, sempre che esista, con l’emozione del pubblico al massimo e la canzone definitiva, ma non è finito.

Torna, e parte Celebration che viene accolta in modo un pò freddo al di fuori del Golden Triangle da quello che ho potuto notare e effettivamente spegne un pò l’entusiasmo generato da Like a Prayer.. però si balla per un’ultima volta e ci si prepara alla fine, a quel Thank you good night che sembra arrivare troppo presto, troppo presto.

Lights on.

Thank You Madonna

Perchè si sa, nessuna critica è vera come quella di un fan.

Basta poco.

Passi mesi, a volte anni, a denigrare il tuo idolo e ad elencarne i difetti: cosa non ti va bene, cosa vorresti che facesse ma puntualmente non fa, quale singolo avrebbe dovuto fare uscire, quale genere musicale sviluppare… Poi però bastano un paio d’ore e una discussione con dei “pagani” e rientri subito nel tunnel.

La premessa, obbligata, è il significato della parola fan. Una parola utilizzata in senso negativo spesso e volentieri ma che in realtà rappresenta uno stile di vita, almeno per quanto riguarda chi come me è fan di Madonna, perchè nessuno come lei rende completo il significato di questa parola.
Essere fan vuol dire trarre ispirazione dalle scelte di vita di un’artista per spronarsi a raggiungere i propri obbiettivi, dalle sue scelte artistiche per conoscere e approfondire cose a cui probabilmente non ci si sarebbe mai interessati.

Quindi finisce che ti ritrovi a 16 anni a conoscere e studiare la pittrice DeLempicka ad esempio, Frida Kahlo e Diego Rivera, Herb Ritts, Keith Haring, Andy Warhol e Jean-Michel Baquiat, ti trovi a spaziare dai dittatori sudamericani ai produttori musicali o a guardare film faticosamente reperiti di dive degli anni d’oro di Hollywood mentre i tuoi coetanei probabilmente non vanno oltre lo studio di ciò che gli viene imposto, ciechi davanti a quella cultura che all’interno del sistema scolastico non è considerata tale.
Madonna per me è stata curiosità, crescita, conoscenza, e forse è stata più queste tre cose che non musica in senso stretto. Ha dato la forza a me come ad altri di prendere la strada che sentivo mia anche se era la strada difficile e mi ha dato l’entusiasmo per portare avanti le mie scelte. Sembreranno banalità, ma in questi giorni di lutto per Amy Winehouse mi sono tornate alla mente più volte queste motivazioni e mi sono sentita fortunata ad avere avuto un esempio come lei in un momento (il pieno dell’adolescenza, e non di quelle adolescenze particolarmente piacevoli) in cui basta un niente per sbagliare strada o per rassegnarsi a seguire quella che fin da bambini ci è stata imposta. Non voglio fare un discorso bacchettone, sia chiaro. Sono cresciuta con i racconti da figlio dei fiori di mio padre e con i gruppi rock anni 70 che mi faceva ascoltare, che le cose migliori le hanno fatte proprio quando non erano propriamente coscienti, ma in giorni come questi in cui è facile mitizzare mi sento di ribadire che è nell’Express Yourself madonnaro che credo stia la differenza tra Madonna e chiunque altro. Lei è stata ed è un modello da seguire e non parlo di modello “morale” perchè niente è più lontano dal suo personaggio. Modello di caparbietà, concentrazione, pragmatismo: non c’è qualcosa che non possa fare, se lo vuole veramente.
E’ stata la prima icona di livello mondiale ad occuparsi di problemi che esulano dal mondo dorato dello showbiz, la prima (e di questo recentemente ci si è dimenticati) a fornire un appoggio concreto agli omosessuali non solo dal punto di vista del finanziamento della lotta contro l’AIDS ma anche e soprattutto per quanto riguarda la liberazione “mentale”.

Certo per chi vede il pop in maniera superficiale è difficile comprendere cosa esattamente un personaggio come lei abbia dato all’arte e al costume degli ultimi 28 anni e non sono più in quell’età in cui si fanno crociate per difendere le proprie passioni, quindi lo scopo di questo post non è esattamente il proselitismo.
E’ semplicemente un ringraziamento a chi tra alti e bassi c’è sempre stato, chi è stato un’ispirazione e a chi ha condiviso e condivide con me tutt’ora questo viaggio.

Il resto non conta.

Death of Sex? A response to Mrs. Paglia

Mi sento un pò  fanboy a scriverne, perchè ho già parlato della Germy varie volte e in termini entusiastici ma anche e soprattutto perchè a pensarci bene per una che dovrebbe o vorrebbe essere poco meno che una filosofa le argomentazioni a ben guardare sono poverissime. Ho avuto con diversi amici discussioni accese ma basate su argomenti ben più solidi di qualsiasi cosa si possa trarre da questo articolo.

Il pezzo a cui mi riferisco lo trovate qui:

http://www.thesundaytimes.co.uk/sto/public/magazine/article389697.ece

Miss / Mrs Paglia è una giornalista / sociologa / intellettuale che regala al mondo le sue perle di saggezza da almeno una trentina d’anni, ed è famosa per essersi autoproclamata femminista mentre i più la considerano esattamente l’opposto.

Partendo da questo presupposto, penso che una donna che si dichiara femminista (ma anche solo una DONNA con un pò di dignità) e passa metà articolo a dire semplicemente e ripetere ad oltranza che Lady Gaga è un cesso, non credo meriti neanche uno dei titoli sopracitati.

Andando in ordine sparso comincerei dal fatto che a mio parere nell’articolo manca totalmente il rispetto per i fan.
I fan bimbominkia li hanno un pò tutti, Madonna compresa visto che si continua ad associarle, ma dare per scontato (e rivolgersi a loro di conseguenza) che siano tutti dei dementi ed elencare idiozie come questa perchè fa tanto intellettuale mi fa cadere i maroni a terra:

Generation Gaga doesn’t identify with powerful vocal styles because their own voices have atrophied: they communicate mutely via a constant stream of atomised, telegraphic text messages. Gaga’s flat affect doesn’t bother them because they’re not attuned to facial expressions.


Ho un problema con i sociologi devo dire, perchè se c’è una cosa che mi infastidisce è la classificazione  delle persone e il considerarle una massa che agisce, pensa e si muove in modo uniforme, soprattutto se i risultati di queste attente analisi sociologiche vengono promosse come verità assolute.

Tralasciando il fatto che gli sms con la potenza vocale non c’entrano assolutamente nulla (ovviamente è una mia interpretazione che stesse parlando di quello, perchè se parlava invece dei testi si va nel ridicolo dal momento che tra le star planetarie che cita non è che ci siano proprio degli Hemingway, e forse se fosse andata oltre rah rah ah ah ah roma roma mah avrebbe avuto modo di trovare qualche testo interessante tra quelli di Fame Monster) parliamo del fatto che stiamo discutendo e criticando una delle cose più OGGETTIVE esistenti al mondo ovvero le sue doti vocali?

Inoltre dire, come l’autrice fa nel paragrafo precedente a quello copiato sopra, che i fan di Lady Gaga (suppongo si riferisca ai giovanissimi) non hanno la minima idea di chi siano – o almeno, non siano familiari – con Tina Turner o Janis Joplin è pretestuoso e offensivo. La curiosità di sapere con quanti di questi presunti fan ha parlato la Paglia ormai è sempre più grande.
Tornando al discorso sesso, credo che anche questo sia totalmente assurdo.
Ben venga il dibattito, ben vengano le opinioni discordanti, ma io di un argomento del genere non discuto neanche.
Di cosa dobbiamo parlare? Posso concordare, annuire, dire che sì effettivamente il viso e il fisico di Lady Gaga sono ben lontani dalla perfezione.
Quindi? Dopo che ho concordato, dove porterebbe la discussione, quali sarebbero le conclusioni da trarre?

Che ogni logica di bellezza ha lasciato questa terra quindi d’ora in poi vivremo in un mondo oscuro e pallido come Lady Gaga? Che il mondo sta per finire perchè per una volta sta avendo un successo planetario e dominando le classifiche una donna che non tutti si vorrebbero scopare?
Non dovrebbe essere una conquista? Io la considero tale.
Era anche ora, che cazzo.

Iniziamo con la sezione: “Critichiamo il look ridicolo della Germanotta, che non l’ha ancora fatto nessuno”

The Gaga of world fame, however, with her heavy wigs and giant sunglasses (rudely worn during interviews) looks either simperingly doll-like or ghoulish, without a trace of spontaneity. Every public appearance, even absurdly at airports where most celebrities want to pass incognito, has been lavishly scripted in advance with a flamboyant outfit and bizarre hairdo assembled by an invisible company of elves.

Punto 1: la parola spontaneità e la parola pop insieme stridono e fanno venire da ridere allo stesso tempo.

Punto 2: la costruzione del personaggio è la base dell’iconografia pop, e mi stupisco che dopo aver passato anni a scrivere di Madonna la sig.ra Paglia non lo sappia.

Punto 3: la parte tra parentesi dove le da della maleducata perchè non si toglie gli occhiali denota un fastidio e un “dislike” personale che una giornalista tendenzialmente dovrebbe reprimere.

Punto 4: Dobbiamo crocifiggerla perchè si veste come le pare (a volte anche male, non dico il contrario). Ma saranno cazzi suoi se vuole andare in giro come Frankenstein anche per andare in aeroporto?
C’è chi sceglie di andare in giro in accappatoio, o con i capelli sporchi e le calze sopra i pantaloni, non vedo dove stia il problema.

Ma veniamo alla supposta ipocrisia dei messaggi e dei discorsi sull’amore, l’autostima e la libertà fatti dalla Gaga dal palco.

Perchè non è che abbia mai fatto questi discorsoni pieni di teorie filosofiche: io due suoi concerti li ho visti, non so la Camille, e dice semplicemente “sentitevi liberi” “vi voglio bene” “non siete strani perchè siete come me”.
Il nesso tra frasi come queste e i soldi che incassa per farsi il culo due ore mi sfugge. Dovrebbe lavorare gratis? La Paglia lo fa?

Argomentazione successiva: era ricca e andava a scuola con gli Hilton = non può certo aver sofferto da piccola.

Cosa diamine ha a che fare il ceto a cui appartieni con l’avere o meno dei problemi sociali? Il fatto che avesse dei soldi preclude che venisse presa per il culo, oppure che semplicemente si sentisse diversa e sola?

Per aggiungere stronzate alle stronzate, “i soldi fanno la felicità?”. A me hanno sempre insegnato di no, e se ora la ritengo un’ idiozia enorme perchè con i soldi la felicità sarei bel lieta di comprarmela, durante l’adolescenza e l’infanzia ritengo che la realtà sia ben diversa.
Ovviamente non sono il tipo che solitamente si beve qualsiasi cosa le venga propinata, e infatti non sto qui a dire noooooooooo è vero povera Gaga. Dico semplicemente: qual’è il problema? E soprattutto, a che pro dubitare sempre di tutto a prescindere?

Le viene incredibilmente anche contestato il rapporto con gli stessi fan, quasi che trattarli troppo bene sia segno di un qualche losco piano per intenerirli. Essendo io per prima abituata a ricevere botte di “fuck off” e dito medio e saltate-figli-di-puttana alla modica cifra di 500 euro a biglietto (mi va bene così, sia chiaro), diciamo che se per una volta mi sento dire I love you e “senza di voi sarei niente” non è che mi offendo. Sarò ingenua ma quando dice certe cose e si commuove io le credo, e non vedo perchè non dovrei farlo. Ho già abbastanza difficoltà a distinguere i veri sentimenti da quelli finti nella vita reale, non ho tempo di impersonare la signora Fletcher per smascherare le lacrime posticce di Lady Gaga.

La parte dei paragoni mi sono anche stufata di commentarla, continuare a ripetere che si ispira troppo, e che ruba, e che ci sono performers che hanno fatto le stesse cose, meglio, tanti anni fa è di una noia mortale.  Non ho ancora capito dove stia il labile confine tra l’ispirazione e la copia, tra il furto e l’omaggio, anzi se qualcuno me lo vuole chiarire nei commenti ne sarò felice.

La persona omaggiata dev’essere morta? Devono essere passati più di 20 anni? Deve trattarsi solo di servizi fotografici o si possono citare film o videoclip? Deve passare una scritta in sovrimpressione o basta che il fotogramma sia talmente chiaro e identico a quello citato da non renderlo necessario?

Sfido chiunque, Paglia compresa, ad uscirsene fuori con un’idea geniale per uno show o per un video senza che sia mai stata utilizzata prima. Nel 2010, circa 30 anni dopo l’inizio dell’era di MTV è semplicemente IMPOSSIBILE.

Spero onestamente che se deve omaggiare qualcuno o ispirarsi, in futuro sia qualcosa di oscuro e sconosciuto di modo da poter evitare di sentire almeno questa parte del leit motiv anti Gaga.

Come dicevo all’inizio, mi aspettavo argomenti più forti dalla famosissima Paglia, ma sono certa che vista la diffusione di questo link avrà ottenuto quello che era lo scopo dell’articolo: un pò di visibilità.

Remembering 1998

Ci sono diversi motivi che mi spingono a considerare il 1998 l’anno migliore tra quelli che ho vissuto “coscientemente” (perchè ovviamente l’anno migliore in generale sarebbe il 1987, senza neanche pensarci) e tutti questi motivi portano irrimediabilmente alla Vecchia.

La Vecchia per eccellenza, la Madre Putativa, la donna più amata e odiata allo stesso tempo, che mi ha cambiato l’esistenza (in meglio? forse) e fatto scoprire cose che non avrei mai avuto la curiosità di approfondire.

Insomma Lei. Madonna.

– Stavo per scrivere M-Dolla, vi rendete conto? Questo intendevo con “amata e odiata”, perchè sti scempi tamarri ancora devo perdonarglieli. –

Il mio fanatismo in realtà è risale al 1996, con l’acquisto della colonna sonora di Evita e conseguente distruzione della cassettina doppia, già dopo poco tempo senza più le scritte. Poi vidi il film, e quel cinema fu testimone della mia folgorazione… e se penso al fatto che la persona con cui andai a vederlo mi sfanculò tempo dopo proprio per questa “ossessione” mi viene da ridere.

Una passione che dovetti vivere da sola però, lottando contro i pregiudizi e litigando costantemente con compagni di classe e amici come si usa fare durante l’adolescenza (ehm.. in alcuni casi si continua a farlo anche dopo) quasi che gli insulti a lei rivolti fossero una cosa personale. E non è bello vivere le passioni da soli, soprattutto a quell’età, quindi quando nel settembre del 1998 scoprii che si sarebbe tenuto un tributo in una nota discoteca di Milano, una domenica pomeriggio.. non potei far altro che far stampare una t-shirt con il mio servizio (Versace 95) preferito e presentarmi all’appello.

Ho qualche vuoto circa gli eventi che mi hanno portata lì quel giorno, ricordo solo la fila di giovani madonnari, il Picture Disc di Erotica e la prima volta che vidi Sex con i miei occhi. I remix sconosciuti e la fatica di fingere di saper ballare. La depressione di dover andare via presto per non perdere l’ultimo bus e l’ancora più grande depressione del giorno dopo quando ancora una volta ero sola ad ascoltare Ray of Light senza nessuno con cui poter parlare di che meraviglia fosse Skin.

L’anno era quello di Ray of Light appunto, e questo è un altro motivo per cui rimpiangere il 1998: l’uscita di quello che forse è il disco pop più bello della storia della musica.

Qualche giorno o settimana dopo quel tributo ricevetti la prima di tante telefonate, ed era la telefonata di uno dei ragazzi incontrati lì che proponeva di organizzare un’uscita, in Duomo, un sabato pomeriggio.

Quello fu l’inizio della compagnia della scalinata di palazzo reale… una settimana ad aspettare con ansia ore che sembravano passare in secondi, spese interamente a parlare di lei, e parlarne ancora ancora e ancora.

Il nostro numero cresceva di settimana in settimana, non ricordo chi esattamente si occupasse del reclutamento ma all’epoca veniva facile, e senza cellulari, email o facebook anche tirare i pacchi all’ultimo minuto era un pò più difficile e le defezioni erano cosa rara.

Quasi contemporaneamente venimmo tutti a sapere dell'”evento”. Per chi era fan di Madonna da dopo il 93 o quell’anno era semplicemente troppo piccolo si realizzava un sogno: Madonna, in Italia. Anzi meglio, a Milano!

L’occasione era la serata degli MTV Europe Music Awards che quell’anno si sarebbero tenuti proprio a Milano, e Madonna si sarebbe esibita. La data, di quelle da incidere sul marmo,  è il 12 Novembre 1998.

Prendere i biglietti fu un incubo che ricordo ancora come fosse ieri. Niente ticketone, niente internet ma non solo: i biglietti erano acquistabili solo telefonicamente e non presso le solite rivendite. Chiamai per un paio d’ore consecutive trovando sempre occupato e alla fine fu mio padre a prendere la linea al secondo tentativo. Incredibilmente  tutto il gruppo riuscii a prendere i bigliettie ci trovammo armati di sacchetti di viveri fuori dal forum di Assago all’alba di una gelida mattina di novembre.

Al cancello sbagliato però, scoprimmo più tardi, quando ci venne comunicato che non era lì la fila per il parterre.

– Ah no? E dove sarebbe?

– Lì.

Iniziammo a correre, una volta primi davanti al cancello e ora disperatamente dietro. Ci rimettemmo in fila quando….

-Ehm, no, non è neanche questo il cancello.

Replica della scena precedente con tanto di bestemmie, perchè provate ad immaginare un enorme gruppo di fans indemoniati sbattuti da una parte all’altra e costretti a circumnavigare il forum di Assago non alle 7 di mattina, appena arrivati, bensì nel primo pomeriggio quando ormai si avevano svariate ore di coda alle spalle e soprattutto facendo perdere ai primi il posto faticosamente conquistato.

– La mia “prima settimana Madonnara” era cominciata il mercoledì a dire il vero, con l’appostamento fuori dal Principe di Savoia (un delirio inimmaginabile, tutte le star nello stesso albergo = fan di tutti i tipi che si sfidano a suon di cori per ore…e ore…. e ore) , appostamento infruttuoso in quanto lei non mise mai il naso fuori dall’hotel. –

Eccoci lì dunque il giorno successivo, in piedi dal primo pomeriggio e invitati ad indietreggiare quando era già difficile stare in piedi, in fila davanti ad un cancello alto poche decine di centimetri che lasciava presagire quello che sarebbe successo: i cancelli si aprono, la prima fila che era seduta rimane seduta e schiacciata dalla folla. Entrammo e io lanciai il biglietto al povero cristo addetto al controllo perchè la situazione, come sempre in Italia, si faceva pericolosa e a 16 anni l’idea di morire spiattellata sul linoleum del forum non mi attraeva particolarmente. Insieme ai possessori del biglietto però pare siano entrate altre 3000 persone come era facilmente prevedibile quindi dentro, nel parterre, era l’inferno.

Guadagno con un amico la quarta fila, gli altri sono un pò più in la ma spostarsi è impossibile.

Il rumore:  terrificante.

Poco dopo l’inizio dello show vengono premiate le Spice Girls, e nel momento stesso in cui gli viene consegnato il premio ho giusto il tempo di alzare gli occhi prima di essere sollevata e spostata di 3 metri sulla destra. E’ arrivata, gli spettatori a casa non se ne accorgono ma tutto il forum di Assago sì: è delirio.

Non ho mai più sentito in vita mia, nonostante le decine di concerti a cui ho assistito, un casino simile. Un costante, ininterrotto e altissimo grido, più di 10 anni di attesa concentrati in un’esibizione di pochi minuti.

Tento di cantare ma dopo un paio di strofe smetto di lottare e lascio che le lacrime prendano il sopravvento, l’emozione di vederla è immensa e i miei piedi non toccano terra per tutta la canzone. Inutile dire che la canzone lì sotto non l’ha sentita nessuno e probabilmente non l’ha sentita nemmeno lei a giudicare dall’esito, ma dubito che qualcuno fosse interessato.

Appena lascia il palco decido che per me è abbastanza, come primo parterre è decisamente troppo e non mi interessa guardare altro da quella posizione. Dovevo fare abbastanza schifo, con le lacrime e la scritta sciolta sulla faccia perchè uscendo gli sguardi di pena si sprecano.

Del resto della serata ricordo poco, ricordo di sicuro le lacrime durante Daysleeper, le premiazioni di chiunque anticipate dal suo nome scandito come solo noi italiani sappiamo fare: tre sillabe, decise, MA-DON-NA.  Mi apposto sotto il podio delle premiazioni e lì la vediamo apparire ancora un paio di volte, accompagnata dal medesimo urlo collettivo compresso che tutt’ora riesco a spiegare con difficoltà e che ha del surreale.

Lei resterà a Milano fino a sabato, quindi il venerdì niente scuola e si continua con gli altri l’appostamento davanti al Principe di Savoia. Quando esce sembro posseduta dal demonio (provo ancora vergogna) e credo di aver fatto talmente tanto casino da essermi persa l’uscita vera e propria. Progredisco nella figura di merda rincorrendo la macchina con la bandiera del Blond Ambition intorno al collo come Batman e riesco a farmi dare una manata sulla faccia da una bodyguard prima di rovinare a terra e perdere una scarpa. Oh, the memories.

Sarà l’emozione, o più probabilmente i 3 giorni passati all’aperto con temperature polari, ma il giorno dopo mi sveglio con la febbre quindi mi perdo l’ultima uscita con applauso e  soprattutto la visita da McDonald’s che cambierà per sempre la storia della compagnia della Scalinata.

Aumentiamo esponenzialmente di numero infatti, e da lì le uscite diventano sempre più memorabili e le sessualità sempre più incerte.

Già, perchè se c’è una cosa inevitabile (devo ancora trovare qualcuno che mi provi il contrario) è che mettendo insieme un gruppo di fan di Madonna l’esito sarà la tempesta ormonale. Non che lei ci avesse rivelato niente di nuovo, le idee probilmente le avevamo tutti chiare dall’inizio, ma ci fece sentire liberi. Di esprimerci per ciò che eravamo, di vivere ciò che sentivamo. E il suo coraggio divenne anche il nostro.

Per me fu un cambiamento radicale ed è questo che rende il mio legame impossibile da sciogliere, perchè per quello che mi ha fatta diventare non posso fare altro che ringraziarla per l’eternità.

On the cover of a Magazine

Visto che l’essere fan di Madonna prevede una buona dose di incoerenza, e visto che ieri l’ho maledetta, mi pare giusto dedicare un post al servizio più bello da una… decina forse di anni a questa parte.

Grazie a Vanity Fair Italia (ma anche no, visto che sono abbonata e mi arriva un numero si e uno no)